Può tornare l’ottimismo
Di Carlo Pelanda (9-12-2008)
Fino a due settimane fa mancava “il punto di ancoraggio” che permette agli scenaristi di probabilizzare il se, il come ed il quando il mercato globale uscirà dalla recessione ed al mercato di individuare una direzione. Nelle crisi del passato l’America lo aveva fornito dimostrando la capacità continuista di restare locomotiva globale. Nel 1997/98 Greenspan inondò di liquidità il mercato statunitense, peggiorando la bolla in atto, ma così mettendolo in grado di sorreggere e trainare velocemente fuori dai guai l’Asia scossa dalla crisi finanziaria. Nel 2002/03 sempre Greenspan contenne ed invertì, con lo stesso metodo di riflazione forzata, la quadruplice crisi di fiducia globale dovuta all’implosione della bolla borsistica 1996-2000, all’attacco terroristico del 2001, agli scandali finanziari del 2002 e all’espansione globale della “guerra al terrore” nel 2003. Ma la nuova crisi del 2008 è stata caratterizzata da un cedimento strutturale del modello statunitense provocato, all’interno, da una riflazione forzata oltre i limiti di tenuta del sistema, per esempio il debito privato, e, all’esterno, da squilibri ingestibili, per esempio il deficit commerciale, il tutto esploso sotto il doppio colpo contingente dello choc inflazionistico, fino all’agosto del 2008, e della crisi bancaria deflagrata, da settembre. Per questo si temeva che questa volta l’America, pur potendo riprendersi, non avrebbe più avuto la forza per trainare il resto del mondo. Poiché questo è fatto per lo più di nazioni che hanno crescita interna piatta e che “fanno Pil” solo via esportazioni, e che non possono cambiare velocemente il loro modello, la prospettiva di un’America meno capace di importare combinata con l’assenza di locomotive alternative rendeva indecidibile il come, il quando ed il se della ripresa. Mancava il punto d’ancoraggio. Con la complicazione che i governi non stavano “governando la profezia” in senso ottimistico, quello americano in fase di transizione con la possibilità di una nuova amministrazione e maggioranza parlamentare protezioniste, Pechino silenziosa e gli europei perfino prevedendo/invocando la discontinuità, cioè la fine del capitalismo anglofono e la sua sostituzione con uno statocentrico definanziarizzato. (Merkel, Sarkozy, Tremonti, ecc.). Incubo. Ma ora lo scenario ha preso una direzione continuista precisa ed ottimistica.
Barack Obama
ha iniziato a governare la profezia ottimistica con rimarchevoli determinazione
e lucidità pragmatica. In particolare, proponendo al governo dell’economia
personaggi notoriamente liberisti e globalizzanti, ha segnalato che vorrà ricostruire
il modello capitalistico prendendo atto che non ci sono alternative.
Immaginabile, ma la sorpresa riguarda la quantità delle risorse di riflazione
sistemica, e non solo monetaria e fiscale, che verranno messe in campo.